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Messy Middle

Messy middle e l’imbuto del marketing sparisce!

C’è un momento, in cui in ogni essere umano nasce un desiderio, che si trasforma in una necessità impellente e che, lo conduce ad una serie di azioni volte al soddisfacimento di tale bisogno, questo lasso di tempo in psicologia è riassumibile in un concetto semplice e immediato: stato confusionale!







Battute a parte, il processo che conduce dalla fase di necessità di un prodotto all’atto d’acquisto vero e proprio, è solitamente guidato da una customer journey strutturata su modelli di funnell marketing, oggi però la psicologia del consumatore sta subendo una trasformazione profonda, al punto che il modello classico ad imbuto sembra iniziare ad essere superato, per essere rimpiazzato da un nuovo framework proposto da google nel luglio 2020: il messy middle.

Con l’avvento del Covid-19 e dunque con il potenziamento dell’e-commerce, il ciclo di vita decisionale si è ulteriormente allungato, ma soprattutto ha preso una nuova forma.


In questo lasso di tempo che ai suoi vertici trova la nascita del desiderio e la fase di purchase, due sono i fenomeni comportamentali osservati: una sorta di ricerca compulsiva definita fase esplorativa, durante la quale vi è la ricerca spasmodica di informazioni circa il prodotto, ed in cui la mente del prospect è in un vero e proprio loop continuo che lo impegna nella continua ricerca di informazioni, e processi cognitivi che conducono ad una fase riduttiva, in cui il buyer utilizzerà dei meccanismi valutativi che lo allontaneranno dalla fase di purchase.







Questo ciclo di esplorazione-valutazione viene ripetuto continuamente dal prospect prima che diventi un reale buyer.


In psicologia, lo stimolo che innesca un desiderio viene definito trigger, che per un marketer significa vedere prendere vita al funnel, modello che con l’avvento del messy middle è divenuto tutto fuorché lineare.


Nel processo di attivazione stimolo-risposta, ad intervenire sono varianti psicologiche definite euristiche e bias, due sistemi di elaborazione del pensiero.


Le euristiche sono classicamente definite scorciatoie cognitive, si tratta di processi automatici e inconsci volti alla risoluzione di un problema, con il fine di ottenere il miglior risultato con il minimo sforzo, e che hanno evidentemente a che fare con l’intuizione.

Queste si muovono per mezzo del principio di sostituzione dell’attributo (Kahneman D., Frederic S., 2002), ovvero attraverso la creazione di concetti generici, e soluzioni semplicistiche volte a snellire i processi decisionali in contesti di emergenza e ambiguità.


Mentre le euristiche cognitive sono basate su esperienza personale o vicaria, i bias invece sono delle particolari euristiche, che danno luogo al pregiudizio, poiché si tratta di interpretazioni personali della realtà ma vissute come dato oggettivo.


Durante il messy middle, il prospect si avvale di tutti i bias a sua disposizione, come può allora il digital marketer sfruttarli a proprio vantaggio?

Ma soprattutto è necessario domandarsi: "Come e quali di questi processi disfunzionali sono spendibili nelle proprie strategie di marketing?"


Conosciamone insieme caratteristiche e potenzialità:

  1. Euristiche di categoria: sfrutta concetti semplici e veloci per descrivere il prodotto, questi debbono essere creati con l’intento di ridurre il processo decisionale, in questo senso è importante che il brand sia conosciuto, dunque ritenuto affidabile, ossia baluardo di serietà e qualità e che le informazioni della CTA siano chiare e trasparenti per ridurre fonti di ambiguità.

  2. Euristica di scarsità: decidi di vendere meno ma restituendo il messaggio intrinseco di essere icona di valore, in questo modo il buyer riterrà necessario ottenere il tuo prodotto.

In un'azione di digital marketing ciò si potrebbe tradurre attraverso l’invio di DEM per sponsorizzare un prodotto limitato, proponendolo in primis ai clienti presenti nel database al fine di premiare la loro fedeltà.
  1. Bias della proiezione: il buyer deve sentire di essere rappresentato dai principi e dai valori del marchio, deve avere perciò la percezione di poter contribuire all’identità e alla costruzione del brand, vedi l’esempio dell’ormai famoso effetto ikea, ciò potrebbe tradursi nel dare spazio al social proof, o in un'offerta lampo che consenta di personalizzare gratuitamente quel prodotto ad un numero limitato di consumatori.

  2. Bias del Framing: sono generati dalla cornice sociale di riferimento e che influisce sui processi decisionali, in questo senso è importante il gioco delle comparazioni, ispirandosi a valori in linea con il contesto culturale in cui si è inseriti, non solo per far leva sull’emotività del prospect, ma anche per poter lasciare un ricordo positivo del suo acquisto anche quando questo si riterrà obsoleto, in questo senso potrebbe essere utile far emergere tutti gli aspetti negativi salienti (es. inquinamento atmosferico) e come il proprio prodotto si pone rispetto alla sua risoluzione ( Es. auto ibrida).

  3. Principio di immediatezza: riduci il tempo tra il processo decisionale e l’atto di acquisto, dunque sfruttando al meglio le potenzialità di una buona call to action, ad esempio utilizzando il sistema di offerte del giorno tipiche di Amazon o posizionando la CTA in cima alla landing page così da sfruttare l’impulsività del consumer.

  4. Brand identity: non significa solo conoscenza su larga scala di un marchio, bensì aver generato nel tempo un buon word of mouth che nel web si traduce in loyalty.


Tirando le somme, per i marketers oggi inizia a risultare chiaro come Il messy middle stia cambiando il volto della customer journey, rimarcando il concetto già noto che per essere conosciuti bisogna essere trovabili e per essere trovati oggi è essenziale avere un volto poliedrico nella nostra rete internet.

Se un tempo il marketer medio mirava al BOFU (Bottom of funnel), ad oggi risulta la più importante è necessario puntare tutto sul TOFU (Top of funnel), concentrandosi sulla fase di awareness e di conseguenza sul numero di touchpoints.

"La notorietà è quando si nota la tua presenza, la celebrità è quando si nota la tua assenza." (Georges Wolinski)


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