La Cultura dell'errore in azienda: perché è importante, come farla divenire una best practice
Aggiornamento: 31 gen 2022
La cultura dell’errore, è il nuovo mantra delle tecniche manageriali aziendali, una visione che cambia la prospettiva e di conseguenza l’approccio a tutti i processi interni che riguardano l’organigramma aziendale nella quotidianità lavorativa.
Citando la lezione di Business Coach Ivan Scudieri
“Errore vuol dire deviare, allontanarci dagli obiettivi che ci eravamo prefissati” ma nel 2021 una deviazione riconosciuta e analizzata può divenire opportunità di crescita personale e professionale.
Enzo Ferrari, esponeva i propri errori di progetto, quelli che per intenderci avevano causato la sconfitta di un Gran Premio, dentro una vetrina, all’interno di una stanza da lui stesso battezzata ‘Stanza degli orrori’, ognuno di quei pezzi esposti era un errore da non ripetere.

Parlare dei propri errori, consente crescita e dunque miglioramento, proprio per questo oggi ogni azienda che desidera prosperare nel tempo, deve concedersi uno stile manageriale e formativo che inglobi al suo interno l’errore.
Secondo la community Innovation Manager dell’Osservatorio Startup Intelligence, parlare dell’errore è fondamentale, soprattutto quando si lavora in ottica innovativa.
Tuttavia ciò non significa validare la sbadataggine o la trascuratezza, bensì considerare quegli sbagli generati da situazioni complesse che prevedono dunque il fattore imprevedibilità, ed in in cui ci si assume la responsabilità dei rischi legati ai tentativi di risoluzione.
Altro aspetto importante da sottolineare, è che coltivare il fallimento non significa lasciarsi andare deliberatamente alla possibilità di sbagliare, ma essere pronti ad imparare in maniera costruttiva da comportamenti che non andranno ovviamente ripetuti nel tempo.
Osservare, perdonare e discutere di un errore debbono diventare pratiche costanti e scontate e dunque parti integranti del nuovo stile di leadership.
Quali vantaggi è in grado di generare la promozione della cultura dell’errore?
È importante riflettere sul fatto che sbagliare permette non solo di poter conoscere i propri limiti e i margini di miglioramento, ma che aiuta a velocizzare la comprensione di quali iniziative è opportuno abbandonare e quali invece hanno del potenziale è che potrebbe essere utile perseguire investendo risorse personali ed economiche.
Sperimentare è anche una leva psicologica importante per il dipendente, essa può ridurre il rischio di burnout generato dalla routine lavorativa, stimolando la proposizione di nuove idee, il desiderio di crescere e mettersi in gioco.

Dunque per un dipendente, sapere di poter mettersi di sbagliare, significa sentirsi stimolato nello sviluppare un performante approccio imprenditoriale, favorendone inoltre la propositività, la partecipazione e tutti i sentimenti affiliativi rispetto l’azienda, evitando così che si creino dei ‘ristagni’ causando inibizione e paura del cambiamento.
Dunque la cultura dell’errore per favorire l’ownership nei processi di innovazione delle risorse e dei processi aziendali.
ll Ciclo Dell’Errore
Mentre uno sbaglio, è come da terminologia, un avvenimento unico ed occasionale, l’errore invece può essere una situazione con tendenza alla perpetuazione, ciò perché se non interviene sui bias cognitivi, sulle credenze e atteggiamenti che hanno condotto a tale esito, si rischia che questo entri sistematicamente a far parte della routine lavorativa, ma non solo, quando non si interviene sulle variabili psicologiche legate all’errore commesso il rischio più grande è quello che si generi immobilismo legato alla paura di sbagliare e dunque che si entri in situazioni di stallo.

Se vissuto con profonda paura, lo sbaglio può condurre a sprechi di tempo costosi e rischiosi per l’azienda, poiché il dipendente che tenta di nascondere le proprie mancanze per paura delle ripercussioni non solo non impara da esse, ma potrebbe giocare un ruolo decisivo nell’innescare una serie di conseguenze a catene negative per l’azienda
Ma come va gestito l’errore?
Secondo Imedya per guardare costruttivamente ad un errore è necessario che un manager adotti e promuova i seguenti comportamenti: riconoscimento, accettazione, trasformazione.
Il riconoscimento dell’errore
Il manager aziendale è la chiave di volta di questo processo, è lui infatti il primo a doversi accorgere di qualcosa che non sta andando nel processo intero, e dopo averlo analizzato, riconoscere i fattori e le dinamiche che hanno contribuito negativamente al suo funzionamento.
Al manager spetta l’annoso compito di dover fornire feedback sinceri e realistici alla singola persona che ha commesso l’errore e poi successivamente al team.
Dall’altra il dipendente deve essere correttamente pronto a ricevere la critica, ad accettare di essere stato attore protagonista di un processo che si è rivelato fallimentare e pronto a rimettersi in piedi con spirito proattivo.
Accettazione dell’errore
Accettare di poter fallire significa mettersi in comunicazione aperta con le parti di sì più fragili, dunque accettare di essere portatori di fattori di vulnerabilità e successivamente capire come fortificare questi punti deboli al fine di poter crescere e cementare le competenze che già si aveva acquisito precedentemente.
Il manager può favore questa dinamica di crescita promuovendo momenti di condivisione e attività quali brainstorming o corsi formativi per cementare le best practice preesistenti.
Trasformazione dell’errore
Un errore può diventare una risorsa, un bravo manager riconosce infatti i margini positivi di ogni situazione, sottolineandone gli aspetti che potrebbero essere generatori di nuove opportunità, mostrando anche al proprio organico come, individuata l’origine e le concause, ad un errore possa essere possibile anche porre rimedio divenendo così anche baluardo di iniziative costruttive.

Come può essere promossa una giusta cultura dell’errore in azienda?
Secondo AssestmentOnline tre sono gli ingredienti principali da combinare e promuovere affinché un errore possa divenire fattore innovativo: responsabilità, clima, leadership.
Il fattore responsabilità ha a che fare principalmente con colui che ha commesso l'errore, nel caso dell’azienda con il dipendente che ha consapevolezza di qualcosa che non ha funzionato nella propria pratica lavorativa, e che deve dunque trovare il coraggio di metterlo in luce ed essere pronto a rispondere a se stesso e all’azienda tutta di quanto accaduto, evitando così di assumere il ruolo di vittima ma di individuo responsabile delle proprie azioni e pronto a porre rimedio ai suoi sbagli.
Il clima percepito invece, deve essere quello di un ambiente che promuove la sicurezza psicologica, grazie alla quale è possibile che avvengano pratiche che guidano e supportano le interazioni costruttive, quelle in cui gli scambi sono aperti e avvengono con piena fiducia rispetto l’ambiente di lavoro.
Sono queste le organizzazioni in cui, il dipendente, non solo si assume pienamente la responsabilità di quanto accaduto, ma è anche il primo a riflettere e proporre soluzioni innovative assumendosi il rischio legato alla proposizione di nuove idee.

La leadership, ultimo fattore da considerare, non per importanza ma perché il più complesso, richiede che lo stile manageriale sia legato alla capacità di promuovere lo sviluppo di autenticità di tutti gli attori dell’organigramma aziendale, stabilendo rapporti trasparenti e spingendo i propri indipendenti alla consapevolezza di sé.
Una buona leadership deve essere baluardo di fiducia, impegno e sponsorizzare il raggiungimento di una performance effettiva ma soprattutto sostenibile nel lungo periodo.
Riprendendo le parole del Business Coach Ivan scudieri dal suo podcast Trial & Error approach: “L’unico vero errore è quello in cui non impariamo nulla.”