Oggi essere green è una mossa politically correct.
Molte aziende stanno infatti correndo per salire sul podio dell’eco friendly, quando nella realtà di ecologismo ne hanno solo l'intenzione truffaldina.
Stiamo descrivendo il fenomeno del Greenwashing, un ambientalismo di facciata, basato su strategie di comunicazione che sfruttano il tema dell’impatto ambientale al fine di migliorare la propria immagine e reputazione, pensando ovviamente di vederne un vantaggio economico registrando incrementi nelle vendite.
Secondo QuiFinanza nella pratica si tratterebbe di una vera e propria strategia di marketing mirata, adottata ad oggi da tutte le organizzazioni e istituzioni - politiche ed economiche - che rendono noto il loro impegno nel settore ambientale, quando nella realtà sono ben lontane -se non del tutto estranee - dalle logiche di sostenibilità del pianeta.
In realtà il Greenwashing non è un fenomeno sconosciuto o nuovo per il globo, in America ad esempio, verso la fine degli anni ‘80 una nota catena alberghiera, la Jay Westerveld, utilizzò come sfondo l’inquinamento per ottimizzare i costi interni, invitando i clienti a ridurre il consumo di asciugamani con il fine di evitare sprechi idrici ed energetici riducendo anche l'immissione di sostanze nocive nell’ambiente.
Ma tornando al panorama e al secolo che ci riguarda, l’utilizzo dello slogan decarbonizzazione, svela un tipico ossimoro all’italiana: il Green Washing ha infatti nella nostra penisola un duplice punto focale: donare valore alla brand reputation di una impresa e - obiettivo non da poco - ottenere un incremento di fatturato tentando di aumentare il bacino di clientela e di distinguersi dai competitors di mercato.
È dunque l’era del Brand sostenibile la cui base non per essere ripetitivi, è la green communication, ovvero l’utilizzo di messaggi emozionali che recano in sé valori tipici del rispetto ambientale, per fidelizzare un prospect alimentando la Brand Awareness.
Il Green Washing è una pratica regolamentata?
A causa del boom truffaldino, il 28 Gennaio dello scorso 2021, la Commissione Europea e le Autorità nazonali per la tutela dei consumatori di cui al regolamento (UE) 2017/2394 - che per l’Italia è il Ministero dello Sviluppo Economico - hanno condotto un’indagine approfondita sulla pratica del Green Washing, prendendo in esame i proclami di sostenibilità di diverse aziende, conducendo uno screening approfondito sui loro siti web e confrontando i dati emersi nella realtà.
Secondo Donatella Maisto - R&D Director di Blockchain Revolution - in più della metà dei casi le aziende italiane non avevano restituito ai possibili consumatori dati che permettessero di verificare la veridicità delle affermazioni, in particolare, nel 59% dei casi non vi erano prove a sostegno delle affermazioni, il 37% invece restituiva dati generici e informazioni vaghe, in generale il 42% dei casi è stato ritenuto rientrante nella casistica dei casi ingannevoli e pratiche commerciali sleali.
Così nel 2014 è stata pubblicata la 58esima edizione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, non a caso, introducendo proprio ‘abuso di proclami riguardanti la sostenibilità ambientale:
"La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili.comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono” (art.12).
Il Greenwashing cavalca l’onda del rincaro delle bollette?
In Italia si, il fenomeno inizia ad investire soprattutto il settore energia, non è infatti un segreto la considerazione relativa al fatto che la produzione energetica ed i suoi rispettivi consumi possano essere chiave di volta nella sfida climatica, proprio in ragione del fatto che l'emissione di gas climalteranti nella nostra Europa potrebbe arrivare a rappresentare 3⁄4 delle problematiche climatiche e di conseguenza rappresentare anche la sua soluzione più importante.
Secondo il giornale online Il Cambiamento nei sei mesi di passaggio dal 2021 al 2022, l’utenza che ha deciso di rivolgersi ad aziende che proponessero tariffe energetiche ‘verdi’ ha visto un +50% arrivando a rappresentare il 12% della domanda totale secondo i dati dell’osservatorio Supermoney.
Enea conferma questi dati attraverso uno studio di settore, riportando la testimonianza italiana che in sede europea si è distinta per aver registrato un risparmio energetico annuale pari al 9,6% nel lontano 2016.
Il fabbisogno energetico di unitaliano medio riguarda principalemete la voce riscaldamento che riguarda il 54,5% della domanda, i trasposti +31%, produzione di acqua calda +7% ed e energia relativa all’uso di elettrodomestici 3-8%
I fornitori di Energia che vogliono mettersi regolarmente al passo con l’energia verde, devono necessariamente acquisire delle certificazioni che attestino la provenienza dei prodotti da loro erogati, come ad esempio luce e gas, e dunque che riportino la certificazione GO o Garanzia d’origine rilasciata annualmente dal GSE il Gestore dei Servizi energetici.
Il problema che ancora accende le polemiche è che l’ultima direttiva 2009/28/CE fa sì che i fornitori possano proporre offerte che non includano esclusivamente energia proveniente da fonti rinnovabili, i classici casi in cui i fornitori sfruttano le certificazioni per nascondere sotto il tappeto i volumi di energia erogati da fonti fossili ovvero, quella che rilascia nell’atmosfera emissioni di Co2.
La decarbonizzazione italiana può avvenire, anzi è già in corso, ed è possibile anche scegliere fornitori di energia in grado di soddisfare l’esigenza di non avere sorprese in bolletta che sposare la lotta in difesa del nostro pianeta.
È il caso di grandi fornitori energetici quali Edison, che ha stanziato un piano tutto dedicato alle rinnovabili e che traghetterà l’Italia nel processo di decarbonizzazione fino al 2030, ma non solo, essendo Edison un rivenditore che produce l’energia che vende al cliente finale, non avendo necessità di acquistarla da terzi, può permettersi di offrire prezzi competitivi preservando la bolletta dell’utente bloccando il prezzo per 24 mesi
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